Virginia se ne stava lì, a fare qualcosa, infilata in
un nuovo abito di chissà quale stilista. Lo guardava appena, gli parlava
appena. Nulla di strano: era sempre così, ultimamente.
Peccato
che quell’ultimamente durasse da
troppo tempo. Era un amore finito il loro, un amore mai decollato. Qualcosa di
intenso c’era stato, ma al momento Paolo non avrebbe saputo dire cosa fosse.
Attrazione
fisica, all’inizio; poi anche quella si era spenta. Dialogo, condivisione,
interessi comuni: solo qualche tentativo mal riuscito. Certe cose devono venire
da sole, in maniera naturale, e, soprattutto, le si deve desiderare.
Non era
solo colpa di Virginia, Paolo non se l’era mai sentita di accusarla, erano
stati entrambi delle comparse in quella storia. Lei non se n’era andata per
indolenza, per comodità. La loro relazione era diventata come un paio di comode
pantofole che prendono la forma del piede.
Chiuso,
spigoloso, fuggente, Paolo, si era subito stancato di cercare la complicità, la
tenerezza e il dialogo. Anche se ne sentiva bisogno non aveva mai avuto
l’intraprendenza di accendere i motori e di mettersi in viaggio.
Così
erano trascorsi tre anni nella più assoluta banalità sentimentale. Routine,
anche loro ci erano finiti stritolati dentro. Sì, perché da fuori il loro appariva
uno di quei rapporti che funziona, seppur senza slanci o particolari
intemperanze.
Lui, la
era una persona normale, come se ne trovano tante in giro, anche ordinaria e
prevedibile. É così
che lo vedevano gli altri, ma in realtà un tipo anticonvenzionale, a dirla
tutta, per via di quella propensione a vomitare sempre fuori quello che pensava
fottendosene delle conseguenze, anche controproducenti, spesso.
A
Virginia non piaceva affatto quando il suo fidanzato si comportava così,
innalzando muri o abbattendoli del tutto; lei era un avvocato, conosceva le
leggi e le applicava anche nei sentimenti. Amava la diplomazia, le frasi a
pennello, i giusti equilibri. E dipendeva dalla forma, dai comportamenti
appropriati, dalle parole giuste dette al momento giusto; per quelle sbagliate lei non aveva mai tempo.
Virginia,
beh, se non altro lei possedeva la bellezza a interrompere la monotonia
dell’ordinarietà; ma per il resto, la era a 360 gradi: una ragazza ordinaria e
prevedibile, senza particolari aspirazioni emotive
Paolo,
quella sera, era arrivato con un discreto ritardo. Lo aveva fatto apposta? Non
lo sapeva nemmeno lui. Si era mosso lentamente, come un bradipo.
La verità
è che non aveva per nulla voglia di vederla, sapeva già cosa si sarebbero
detti, cosa non si sarebbero detti (questo era il punto), il vuoto che lui
avrebbe sentito. Un vuoto che lo accompagnava da sempre ma che, ultimamente, in
sua presenza, si amplificava fino a togliergli il respiro. Possibile che in
quel rapporto non avessero saputo far altro che tirar fuori i loro difetti, la
parte più cupa, le macchie di umidità? Tutti i difetti di Paolo, uno in fila
all’altro: il suo brutto carattere, l’assenteismo latente, la totale mancanza
di leggerezza. E quelli di Virginia che erano indubbiamente più misurati,
perché lei era fatta così, nella vita procedeva con prudenza misurando parole e
gesti, facendo il possibile per non tradire le aspettative degli altri.
Ma
qual era la vera Virginia? Cosa
sognava veramente? Lui ormai non lo sapeva più. E dove era finito Paolo? C’era
mai stato per lei? Perché si era fatta bastare quel poco che lui le aveva
concesso senza pretendere altro?
Ma Paolo
sapeva perfettamente cosa avrebbe fatto Virginia dicendogli quel basta.
Quando
erano insieme si teneva sempre occupata con qualcosa: un oggetto qualunque, un
pensiero qualunque, una scusa. C’era a metà come un vaso rotto, ma lui non
aveva mai capito dove se ne andasse l’altra Virginia, cosa avesse di tanto
urgente da dover sbrigare.
Paolo
sapeva perfettamente anche come lo avrebbe guardato senza vederlo più,
spostando lo sguardo dal colletto della sua camicia, ai polsini. Nemmeno lui la
vedeva più, era diventata una figura scontornata con dei gran riccioli sopra la
testa, una voce monocorde e un buon profumo. Ecco, il profumo gli piaceva
ancora e sapeva smuovergli qualche emozione. Per il resto, calma piatta.
Nessuno
tra i suoi amici avrebbe approvato la sua scelta ma lui ormai era deciso: non
vedeva alternative. Erano anni che attendeva di poter raggiungere quel bivio in
cui ora sentiva di essere approdato. Due sole opzioni: o di qua o di là. Più
nessuna via di mezzo.
Virginia
andò ad aprire la porta, lo salutò frettolosamente, non gli chiese nemmeno il
motivo del suo ritardo. Paolo, vedendola sfumare lungo il corridoio, sentì una
morsa all’altezza dello stomaco come se qualcuno gli avesse tirato un pugno. Ne
fu sorpreso. Ma cosa gli stava accadendo?
Quante
volte aveva vissuto dentro la stessa scena - almeno cinquanta, cento volte, in
tre anni - eppure quel pugno non gli era mai arrivato.
Virginia si mise
a sedere sul divano e riprese l’occupazione che aveva appena interrotto ˂˂dammi
dieci minuti e usciamo˃˃.
˂˂Non mi va di
uscire˃˃ gli aveva detto restando in piedi.
˂˂Come non ti va?
Ci stanno aspettando, glielo dici tu a Micaela e Alberto?˃˃
˂˂Non ho nessun
problema, basta una telefonata˃˃
˂˂Sì, e una
scusa˃˃
˂˂Nessunissima
scusa, non mi va e basta. Ti devo parlare˃˃.
Non si mise a sedere, si sentiva meglio
così, provvisorio.
˂˂Proprio adesso?˃˃
˂˂Sì, proprio adesso˃˃
˂˂Non vedi che sono occupata?˃˃
˂˂Stai infilando un cinturino ai tuoi sandali nuovi˃˃
˂˂Mi vuoi aiutare?˃˃
˂˂No, ti devo parlare˃˃
˂˂E allora parla, ti ascolto, ma io come vedi ho da fare˃˃.
Non accennò minimamente a interrompere la sua occupazione.
˂˂Mi piacerebbe se per un attimo mi guardassi in faccia˃˃
˂˂Chissà che roba mi devi dire!˃˃
˂˂Poi lo deciderai tu se è importante o no˃˃.
Virginia
lanciò il sandalo sul divano e gli puntò gli occhi addosso. Castani, belli, ma
lui quella bellezza non riusciva più a scorgerla, se non formalmente. Era
oggettivamente una bella donna ma stava diventando ogni giorno più
inconsistente.
˂˂Credo che da questa sera non ci vedremo più˃˃.
Poi restò
in silenzio per tastare la sua reazione, anche Virginia non disse nulla. Era
stato molto più facile di quello che si era immaginato. Un senso di troppa
pienezza, di nausea, aveva fatto tutto al posto suo, come quando si mangia per
abitudine senza sentire né la fame né il sapore del cibo, e si arriva poi a non
poter ingoiare nemmeno più una briciola.
˂˂E perché? Ti trasferisci?˃˃
˂˂No, resto qui, ma noi non ci vedremo più, Virginia˃˃
˂˂Boh, io non ti capisco˃˃ riprese in
mano il sandalo, le serviva per non guardarlo.
˂˂Come non mi capisci?˃˃
˂˂No, non ti capisco, e non è la prima volta, se proprio
lo vuoi sapere˃˃.
˂˂Lo so che non è la prima volta, il punto è proprio
questo: tu non mi capisci e io non capisco te. Per questo è giusto che ognuno
vada per la propria strada˃˃.
˂˂Ah sì, e la tua
quale sarebbe?˃˃
˂˂Ancora non lo
so, ma devo ricominciare da solo˃˃
˂˂Da solo?˃˃
˂˂Sì, da solo˃˃
˂˂Ma se tu da
solo non sai fare niente˃˃.
2 commenti:
grazie eleanor
orca miseria come passa il tempo, sembra un attimo fa che scrivevo in quel di Marina di Pietrasanta, subito dopo aver fatto l'amore con Daniela, l'inizio del mio romanzo, luglio 2010. E come è cambiato nel tempo, quel piccolo approccio, quella idea che prendeva forma. Grazie El coach per aver fatto la tua comparsa in me
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